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Controlli sulle partite IVA chiuse

La lotta contro l’utilizzo di partite IVA false o inattive è stata ulteriormente rafforzata tramite l’articolo 1, comma 99 della legge di bilancio 2024.

Le conseguenze dei controlli sulle partite IVA stabilite dall’art. 35 comma 15-bis.2 del DPR 633/72, si applicano adesso anche nei casi in cui l’Agenzia delle Entrate notifichi un provvedimento di cessazione al soggetto passivo che ha chiuso la partita IVA entro i 12 mesi precedenti. Nel caso in cui la partita IVA venga chiusa per effetto dell’art. 35 comma 15-bis.1 del DPR 633/72, non è possibile compensare in modo orizzontale imposte con altri tributi o contributi dal momento in cui viene notificato il provvedimento di esclusione, nel caso in cui l’Ufficio non riceva dal soggetto le informazioni richieste. Il divieto si applica a prescindere dal tipo e dall’importo dei crediti, anche se non sono maturati con riferimento all’attività esercitata con la partita IVA oggetto del provvedimento e rimane fino a quando la partita IVA risulti cessata (art. 17 comma 2-quater del D.lgs. 241/97).

Se il soggetto procede comunque con l’utilizzo di un credito in compensazione, nonostante il divieto imposto, lo scarto del modello F24 viene comunicato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate al soggetto che ha trasmesso il modello (art. 17 comma 2-sexies del D.lgs. 241/97).

Il soggetto passivo che si è visto notificare il provvedimento di cessazione della partita IVA sulla base di specifici elementi di rischio, deve comparire di “persona” presso l’Ufficio al fine di esibire le proprie scritture contabili o altra documentazione. Nello specifico, per dimostrare l’assenza dei profili di rischio contestati, deve fornire prova del possesso dei requisiti richiesti dagli artt. 4 e 5 del DPR 633/72 e del regolare esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione. Se il soggetto non si presenta o se quanto risulta dalla documentazione non è sufficiente, oltre al provvedimento di cessazione della partita IVA e al divieto di compensazione, l’Agenzia delle Entrate irroga una sanzione pari a 3.000 euro, ai sensi dell’art. 11 comma 7-quater del D.lgs. 471/97, senza possibilità di applicare il c.d. “cumulo giuridico”.

Il nuovo comma 15-bis.3 dell’art. 35 del DPR 633/72 stabilisce che questa sanzione può essere applicata anche se il provvedimento di cessazione della partita IVA viene notificato in caso di chiusura della partita Iva entro gli ultimi 12 mesi. La partita IVA viene inoltre esclusa dalla banca dati VIES e l’effettiva cessazione della stessa può essere riscontrata anche da clienti e fornitori sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione dedicata allo specifico servizio di verifica, come stabilito dal provv. 16 maggio 2023 n. 156803.

L’art. 35 comma 15-bis.2 del DPR 633/72 stabilisce infine che il soggetto passivo che intende riaprire la partita IVA cessata deve rilasciare una polizza fideiussoria o una fideiussione bancaria di durata triennale e di importo pari a 50.000 euro, in via ordinaria. Se però prima del provvedimento di cessazione della partita Iva sono state commesse violazioni fiscali di importo superiore, l’importo chiesto come fideiussione può anche superare la soglia dei 50.000 euro.

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imposte

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